Primo Piano

Pillola del giorno dopo

Un interessante articolo sulle problematiche relative all’utilizzo della “pillola del giorno dopo”

Il punto sulla contraccezione di emergenza
Carmine Nappi
Direttore della Cattedra e del Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia
Università di Napoli “Federico II”


Premessa
Aderendo volentieri all’invito rivolto dall’Ordine dei Medici di Napoli, ritengo opportuno offrire il mio contributo all’interessante dibattito sulla pillola del giorno dopo, che ha trasferito sulle pagine del glorioso Bollettino dell’Ordine gli echi delle controversie che si registrano quotidianamente su questo argomento. Riporto perciò qui di seguito lo schema della relazione ufficiale da me tenuta recentissimamente al Congresso Nazionale della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia, svoltosi a Roma nel mese di Ottobre 2006, sperando che esso costituisca un utile riferimento per gli addetti ai lavori ed un ulteriore stimolo per approfondire il dibattito in corso.
La “contraccezione di emergenza” (CE) è una metodica solo di recente codificata ufficialmente anche in Italia con l’immissione in commercio del “levonorgestrel” (LNG), distribuito da due aziende diverse, con le medesime caratteristiche farmacologiche e commerciali (1).
Trattasi di un farmaco che presenta, rispetto ad altre specialità farmacologiche utilizzate nella CE, più elevata efficacia (60-85%) e più bassa incidenza di effetti collaterali (2). Il trattamento va iniziato il più presto possibile, presumibilmente entro 12 ore dal rapporto sessuale non protetto, e comunque non oltre le 72 – 96 ore (2): la sua efficacia infatti diminuisce con l’aumentare dell’intervallo di tempo tra il rapporto sessuale e la somministrazione (3-5).
I suoi meccanismi d’azione, allo stato attuale delle conoscenze, non sono completamente chiariti (2, 6-8). Numerose evidenze indicano che il farmaco, quando somministrato prima dell’ovulazione, ha effetti contraccettivi, in quanto può interferire col processo ovulatorio, e pertanto può prevenire la fertilizzazione (7, 9); tuttavia, non è possibile escludere del tutto anche una sua azione post-fertilizzativa, intercettiva, riconducibile a modificazioni della mucosa uterina e della motilità tubarica, una volta che la fecondazione si sia realizzata (8). Determinante quindi, ai fini dell’azione del LNG, sembra essere la fase del ciclo in cui esso viene somministrato, che però è difficile se non impossibile da accertare con sicurezza. Inevitabili sono perciò le sempre attuali, e a dir poco, vivaci polemiche e le reazioni talora scomposte, che ruotano, appunto, intorno alla pur possibile azione del farmaco contro la ovocellula già fecondata (inserendosi così nel più ampio contesto della questione morale concernente l’aborto volontario: se aborto è, per quanto precocissimo, e cioè criptoaborto, esso verrebbe a sfuggire alle pur larghe maglie della legge 194/78!)e quindi ai grandi temi etici relativi al rispetto della vita nascente.
Pur volendo rimandare ad altre sedi una più precisa descrizione dei meccanismi d’azione del LNG (2, 6-8), alcune linee essenziali saranno qui di seguito richiamate, al fine di poter affrontare le tematiche medico-legali nell’attuale contesto normativo e legislativo italiano, che non considera specificamente le problematiche correlate alla CE e pertanto non può prevedere sanzioni né per la prescrizione né per la non prescrizione (10). Ne consegue che ad oggi, a nostra conoscenza, nonostante gli esasperati dibattiti ed i contrasti che ripropongono continuamente logiche da Porta Pia (e talora solo squallide commedie delle parti), risultato di un complicato intreccio di questioni scientifiche, etiche, sociali, politiche e giuridiche, non vi sono contenziosi medico-legali in merito.
Trattasi comunque di problemi delicati che non vanno né banalizzati né considerati con eccessiva enfasi, ai quali si deve rispondere con equilibrio, buon senso, razionalità e spirito costruttivo, indicando, possibilmente sine ira et studio, soluzioni concrete, che salvaguardino la libertà, la dignità e gli interessi di tutti i soggetti che possono essere coinvolti. Non va infatti trascurato anche il dato obiettivo che con la CE è pur sempre possibile evitare il successivo ricorso alle tradizionali procedure di interruzione volontaria di gravidanza.
Ma, a prescindere dalle scottanti questioni suddette, sussistono anche altre interessanti problematiche di natura medico-legale (11, 12).
In questo testo, sono appunto riportate alcune delle più rilevanti problematiche medico-legali, meritevoli di approfondimento:
1. la possibilità di “obiezione di coscienza” da parte del medico;
2. la necessità di ottenere il consenso informato da parte della donna;
3. le particolarità da considerare nella prescrizione alle minorenni;
4. la necessità di una specifica organizzazione delle strutture pubbliche, funzionale alla prescrizione della CE.
1. La possibilità di “obiezione di coscienza” da parte del medico
L’attenta considerazione di autorevoli e recenti fonti consente di ammettere, pur in assenza di norme legislative specifiche, la possibilità per il medico di sollevare “obiezione di coscienza” anche nei confronti della prescrizione del LNG. Allo stato delle conoscenze attuali, come già si è detto, non si può infatti disconoscere che almeno in una certa percentuale seppur ridotta di casi, tale farmaco agisca impedendo la gravidanza in una fase biologica in cui l’ovocellula è già fecondata, per cui viene ostacolato il suo annidamento in utero. Pertanto, oggi viene generalmente considerato ammissibile per il medico il diritto di non partecipare al compimento di tale azione, anche a prescindere dalla ricaduta nella pratica clinica della definizione di “gravidanza”, che inizialmente nella fattispecie era stata utilizzata per negare il diritto all’obiezione di coscienza, appellandosi al dettato della Legge 194/78, che appunto consente tale obiezione per l’interruzione volontaria della gravidanza (peraltro accertata), mentre una gravidanza non sarebbe presente nel caso della CE (né clinicamente accertata e né tanto meno scientificamente ammessa). Tale ragionamento si basava su una definizione ufficiale dell’OMS, che considera l’inizio della gravidanza successivo all’impianto dell’ovocellula fecondata nella mucosa uterina, tanto che lo stesso Ministero della Sanità ebbe a precisare che il LNG va considerato semplicemente un “contraccettivo”, poiché non interrompe la gravidanza che decorre appunto dall’annidamento. Il Ministro della Sanità ritenne opportuno precisare ulteriormente che: “…Le preoccupazioni etiche di coloro che sono contrari a questo farmaco, che impedisce l’annidamento dell’ovulo all’interno dell’utero, sono legittime anche perché sono in linea con l’opposizione che essi hanno sempre ribadito ad ogni metodo anticoncezionale. Tuttavia va ricordato che da anni sono prescritte e si trovano nelle farmacie italiane dispositivi, come la spirale, il cui effetto è identico a quello della pillola del giorno dopo e in altre parole di impedire l’annidamento dell’ovulo fecondato” (2 novembre 2000).
Ciò nonostante, la Federazione Italiana Medici Medicina Generale (Fimmg), in data 9/12/2000, sottolineava che “Unanimemente si è riconosciuto, con vivo disappunto, che l’autorizzazione della prescrizione anche nel nostro Paese di tale farmaco non è stata preceduta né accompagnata, come purtroppo spesso avviene, da una doverosa quanto opportuna corretta informazione nei confronti sia dei medici che dei cittadini… ritiene che ogni medico deve essere messo in condizione, da una norma di legge dello Stato italiano, di essere libero di prescrivere o non prescrivere il farmaco, in relazione alla propria posizione etico-morale. La Fimmg, inoltre, ritiene di dover evidenziare il pericolo insito nel falso convincimento che il farmaco sia privo di effetti collaterali o controindicazioni e che possa essere pertanto utilizzabile come contraccettivo, continuativo o addirittura sostitutivo dei comuni contraccettivi di uso corrente”.
Deve essere altresì considerato che in epoca successiva sia alla Legge 194/78 (che si riferisce alla gravidanza, alla sua possibile interruzione e all’obiezione di coscienza), sia alla immissione in commercio del LNG, è stata promulgata in Italia una Legge che concerne direttamente l’embrione, e la possibilità del medico di sollevare “obiezione di coscienza” verso le procedure della procreazione medicalmente assistita: trattasi della Legge 40/2004 che riconosce inequivocabilmente la figura ed i diritti dell’embrione, anche nelle fasi in cui esso non si è ancora annidato nella mucosa uterina.
Risulta pertanto evidente, ai sensi della interpretazione “estensiva” se non addirittura “analogica” di questi due richiami legislativi (Legge 194/78 e Legge 40/2004), che in Italia il medico ha il diritto di essere esonerato da pratiche che, seppur potenzialmente, possano interferire con l’embrione, anche in una fase precocissima del suo sviluppo, prima del suo impianto, e cioè prima dell’inizio della gravidanza secondo la già riportata definizione dell’OMS.
D’altro canto, a sostegno di tale tesi sono gli orientamenti di altre fonti di considerevole rilevanza: il Codice di Deontologia Medica (emanato dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici nel 1998), la sentenza del TAR Lazio n. 8465/2001 e la “Nota” sulla contraccezione di emergenza approvata alla unanimità nel 2004 dal Comitato Nazionale di Bioetica (13), che è organo bipartisan “di dibattito e di indirizzo culturale, ma non politico, con funzione consultiva per il legislatore”.
Tali organismi hanno in effetti riconosciuto il diritto del medico alla astensione dal compimento di atti non condivisi. Infatti, il Codice di Deontologia ammette il diritto di ciascun medico di rifiutare la propria opera a prestazioni richieste “che contrastino con la sua coscienza o col suo convincimento clinico”, “a meno che questo comportamento non sia di grave e immediato nocumento per la salute della persona assistita” (art. 19); la sentenza del TAR Lazio n. 8465/2001, imponendo una modifica al foglietto illustrativo del LNG, ha rilevato la possibilità della sussistenza di “differenti orientamenti etici e religiosi circa il momento iniziale della vita umana”; infine, il Comitato Nazionale di Bioetica ammise la invocabilità della cosiddetta “clausola di coscienza”, dato il “riconosciuto rango costituzionale dello scopo di tutela del concepito che motiva l’astensione” (cfr. p. es. Corte Costituzionale n. 35/1997). Da osservare che il Comitato Nazionale di Bioetica nel motivare la possibilità della “clausola di coscienza” non fa riferimento alla legge 194/78, ma all’art. 19 del Codice Deontologico, configurando così una vera e propria “legittimazione deontologica al rifiuto della prescrizione del LNG”. Naturalmente, la “clausola di coscienza” non è applicabile nei casi in cui un’eventuale gravidanza potrebbe avere, con ragionevole certezza, effetti negativi sulla salute della donna. Così come, deve essere attentamente considerato, anche da chi propugna principi del rispetto assoluto della vita nascente, che l’acquisito diritto alla “obiezione di coscienza” da parte del medico, deve essere limitato agli effetti che il LNG può esplicare nel periodo di tempo (“window”) compreso tra la fecondazione dell’ovocellula ed il suo successivo annidamento nell’utero, quando cioè è possibile ritenere che sussista una sua interferenza negativa con l’embrione. Invece, non vanno a nostro avviso sottaciuti gli effetti che tale farmaco determina nelle fasi precedenti e successive a tale periodo, quando cioè non vi è interferenza alcuna con il possibile embrione. Infatti, è dimostrato che la somministrazione del LNG,comporta ritardo nell’inibizione dell’ovulazione, venendo così ad impedire il concepimento: pertanto, l’accertamento di una tale circostanza, non determina di certo alcun motivo, né tanto meno alcun diritto di rifiuto prescrittivo del farmaco. Allo stesso modo, nessun diritto alla “clausola di coscienza” potrà essere invocato per la somministrazione in fase luteale tardiva, poiché nessun effetto negativo viene espletato dal farmaco nel periodo successivo all’annidamento in utero (2, 7) (anzi, c’è chi ritiene che in tal caso la gravidanza si giovi addirittura di protezione, legata all’attività del progestinico!). Quindi, la “clausola di coscienza” non è “obiezione di coscienza” sensu strictu, ma può essere considerata “libertà di prescrizione”.
Tali pur brevi considerazioni certamente non pretendono di esaurire la riflessione sulla “obiezione di coscienza” per il LNG, e anzi probabilmente offrono ulteriori spunti per le valutazioni medico-legali del problema. Restano cioè aperte questioni non irrilevanti, legate all’effettiva possibilità di identificare la fase del ciclo attualmente in atto al momento della richiesta della donna.
In merito a ciò, la letteratura ha fornito taluni elementi per un approccio obiettivo al riconoscimento della fase del ciclo (14, 15); tali contributi però non appaiono al momento attuale capaci di dirimere il problema nella sua pratica clinica, a causa delle molteplici varianti biologiche connesse al fenomeno dell’ovulazione femminile, che in pratica non risulta ancora determinabile con la certezza necessaria al caso, nemmeno con una accurata raccolta dell’anamnesi o con l’esecuzione di esami ecografici.
Restano pertanto dolenti alcune note relative al diritto di “obiezione di coscienza”, che potranno essere definitivamente chiarite alla luce delle future acquisizioni scientifiche in merito sia all’effettivo meccanismo d’azione del farmaco, sia alla precisa identificazione del periodo del ciclo mestruale all’atto del rapporto non protetto.
Ben definito è il diritto della donna alla prescrizione della CE, in base alla legge 405/1975 (Istituzione dei Consultori Familiari), art. 1, alla legge 194/78, (art. 2), alla sentenza del TAR Lazio n. 8465/2001 ed a quanto affermato dalla Commissione Permanente per la revisione del Codice Deontologico della FNOMCeO (com. n. 60/2003).
Va infine osservato che la prescrizione del LNG, registrato come contraccettivo “d’emergenza”, prescrivibile con ricetta medica non ripetibile, dal punto di vista medico-legale, sensu strictu, non rientra né nelle emergenze né nelle urgenze, in quanto prescrivibile, come ribadisce il bugiardino stesso, entro le 72 ore dal rapporto non protetto. Certamente, quindi l’aggettivazione del farmaco non va, nel caso specifico, rigidamente interpretata come per un Pronto Soccorso, pur trattandosi comunque di un evento critico, a cui si deve porre rimedio quanto prima possibile, seppur non necessariamente con immediatezza. L’emergenza, quella comunicata dalla donna, è soprattutto un’emergenza psicologica, che fermo restando la consapevolezza che, trascorse 12 ore dal rapporto potenzialmente fecondante, gli effetti in termini di efficacia del LNG cominciano a diminuire nel tempo, individua anche un’emergenza temporale relativa (10).
2. La necessità di ottenere il consenso informato da parte della donna
A prescindere dalle considerazioni sull’obiezione di coscienza, una volta che la donna venga accolta da un medico disponibile alla prescrizione, si pone il ponderoso problema dell’ottenimento del consenso informato.
Trattasi con tutta evidenza di questione che allo stato risulta del tutto “contro-corrente”, dato che si invoca da più parti non solo la somministrabilità del LNG senza obbligo di ricetta medica, ma anche la sua dispensazione addirittura “preventiva”, in vista di possibili future necessità che potrebbero insorgere per successivi rapporti non protetti.
Pur tuttavia, la questione del consenso informato merita invece la più alta considerazione deontologica e medico-legale, per la necessità, non solo della pur ovvia tutela della salute delle utenti, ma anche della tutela giudiziaria del medico. Infatti, contrasta stridentemente con la giurisprudenza attuale qualunque ipotesi di prestazione medica che non sia formalmente basata sulla corretta informazione del paziente e sulla dimostrabilità della sua accettazione al trattamento dopo un consenso valido. Né è lecito ammettere una deroga proprio nel caso del LNG, che rientra nella categoria di quei farmaci ormonali, per i quali lo stesso Ministero della Sanità si è premurato di inviare a ciascun ginecologo italiano una “lettera” di raccomandazione per la prescrizione. E non va trascurato che i tempi attuali sono caratterizzati da un evidente contrasto sociale tra medico e paziente, e da sempre più diffusi contenziosi giudiziari che annoverano la categoria dei ginecologi ai primissimi posti dei “chiamati in giudizio” dalle pazienti. D’altra parte, basta citare la recente querelle sulla “pillola contraccettiva” classica (definita dai mass-media: “amica-killer”) (16), per dimostrare quanto sia opportuno ed anzi doveroso scongiurare la ripetizione di casi eclatanti che nel recente passato hanno riguardato i preparati ormonali.
Orbene, sicché la donna possa acquisire la piena consapevolezza della sua scelta, sarà in ogni caso, dovere ineludibile del medico, quali siano le sue opinioni, sia cioè egli “obiettore o meno”, fornirle un’informazione chiara, obiettiva ed esaustiva circa i possibili meccanismi di azione del LNG, le sue percentuali di efficacia (anche in relazione alla fase del ciclo in cui viene somministrato), le eventuali controindicazioni e gli effetti collaterali che possono essere comunque presenti, seppur in quantità minima (4), come per tutti i farmaci. La maggior parte di essi sono in gran parte riportati nel foglietto illustrativo della confezione in commercio, ed altri, ancor più minoritari, fanno parte dei consueti reports che la letteratura regolarmente fornisce alla pratica clinica (17).
In particolare, risulta di considerevole importanza l’informazione da offrire alla donna a proposito della riduzione della durata sia del ciclo in atto che del flusso successivo, a causa della somministrazione di LNG: tale dato è correlato con un anticipo della successiva ovulazione, che potrebbe non essere né prevista né riconosciuta, pertanto è indispensabile adottare una contraccezione adeguata per scongiurare una successiva gravidanza indesiderata (18).
3. Le particolarità da considerare nella prescrizione alle minorenni
In Italia, molto si è discusso e tuttora si dibatte sulla questione della prescrivibilità e della somministrazione di metodi contraccettivi alle minori. Di certo, la legislazione in merito non fornisce espresse direttive.
Va premesso che in linea generale, sono i genitori che prendono le decisioni mediche relative ai figli minorenni, assumendosene la responsabilità. La potestà dei genitori può essere superata solo da decisioni del Magistrato: pertanto il medico è tenuto a rispondere delle proprie azioni nei confronti di un minore ai genitori di questo, fornendo loro le necessarie informazioni utili alla tutela della sua salute (19), e chiedendone il consenso prima di qualsiasi atto terapeutico. Inoltre, va sottolineato che, in ogni caso, il rapporto medico-paziente è considerato in Italia alla stregua di un contratto e, come tale, è sottoposto alla “capacità di agire”, che l’art. 2 del codice civile riconosce solo ai maggiorenni. Inoltre il Codice di Deontologia Medica (1998) all’art. 33, precisa che “allorché si tratti di minore... il consenso agli interventi diagnostici e terapeutici, nonché al trattamento dei dati medici, deve essere espresso dal rappresentante legale…”.
D’altro canto, il Consiglio d’Europa nella Commissione per i Diritti dell’Uomo (Strasburgo, 1996) afferma che “…il parere del minore è considerato elemento determinante in funzione dell’età e del suo livello di maturità”. All’art. 34 poi, lo stesso Codice di Deontologia Medica osserva che “il medico ha l’obbligo di dare informazioni al minore e di tenere conto della sua volontà, compatibilmente con l’età e con la capacità di comprensione”.
Venendo al campo specifico della contraccezione, la stessa legge 194/78 precisa che “la somministrazione su prescrizione medica nelle strutture sanitarie e nei consultori dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile è consentita anche ai minori”. Inoltre, dalla legge sulla violenza sessuale (n. 66 del 15/02/1996), viene riconosciuta ai minori che abbiano più di 13 anni la liceità di compiere atti sessuali (con minorenni di età non superiore di tre anni).
E’ evidente quindi che alla luce di quanto riportato, apparirebbe certamente contraddittoria l’ammissione della liceità del compimento di atti sessuali per i minori e l’eventuale illeicità della capacità di proteggersi, anche con trattamenti medici, da gravidanze non desiderate (20).
Ne consegue pertanto che la volontà e il consenso della minore sono considerati ammissibili anche senza il preventivo parere dei legali rappresentanti (20), purché ne venga acquisita la conoscenza della maturità raggiunta, con conseguente ampia discrezionalità e corrispondente responsabilizzazione da parte del medico (21). Ciò indica che, in mancanza di un espresso supporto normativo, l’autodeterminazione della minore non è sostenibile in senso forte e formale. Lo è invece, l’autodeterminazione in senso debole, eventuale, condizionato.
Nel caso specifico della prescrizione dei contraccettivi, andranno cioè valutate da parte del medico la maturità psichica della minore, le sue condizioni di salute, le motivazioni della sua scelta, la capacità di comprendere pienamente le informazioni fornite, la capacità di valutare la portata delle conseguenze della sua scelta, la sua effettiva volontà di non informare i genitori ed anche la possibilità che disattendere la sua volontà possa da una parte inficiarne il rapporto con il medico e dall’altra ne consenta l’allontanamento della paziente senza poter ricevere l’assistenza sanitaria di cui ha bisogno. Non va comunque trascurato che la gravidanza indesiderata, specie nell’adolescente, comporta rischi elevati per la sua salute, sia che essa decida di procedere alla interruzione volontaria della gravidanza, sia nel caso che decida di portarla avanti.
Per quanto riguarda gli obblighi di legge pertinenti la prescrizione di LNG alla minore, è importante sottolineare la necessità di applicare estrema cautela soprattutto in base alla precisazione dell’età della richiedente. Infatti, l’ordinamento italiano prescrive una serie di adempimenti legali connessi a specifiche fasce di età e a fattispecie delittuose di cui il medico può venire a conoscenza in occasione della richiesta di LNG. In particolare, sussiste l’obbligo di referto all’Autorità Giudiziaria sia quando al medico si presenti un caso di atti sessuali al di sotto dei 10 anni (fattispecie della violenza sessuale presunta, Art. 609-quater Cod. Penale), sia quando il rapporto sessuale è intercorso tra minore di età al di sotto di 14 anni con partner avente differenza di età superiore a 3 anni (Art. 609-quater Cod. Penale), e infine anche se il rapporto è intercorso tra minore di età compresa tra i 14 e i 16 anni con adulti aventi rapporto di tutela e di custodia o in cambio di denaro (Art. 609-quater Cod. Penale).
Sussiste altresì obbligo di denuncia al Tribunale dei Minorenni sia quando al medico si presenti una minore di 18 anni che pratica la prostituzione (Legge 269/98), sia se la minore di 18 anni è abusata per autorità ovvero per condizioni fisiche o psichiche (Art. 609 - quater Cod. Penale).
Ulteriori aspetti medico-legali concernenti la contraccezione di emergenza nelle minori vengono altresì offerti dalle problematiche relative alla privacy, che va salvaguardata nella corretta interpretazione dell’art. 9 del Codice di Deontologia Medica, lasciando cioè alla cauta responsabilità del sanitario caso per caso (22) l’adeguata valorizzazione della riservatezza e della confidenzialità per la minore.
Un’ultima, ma non irrilevante considerazione sulla richiesta di CE da parte delle minori deve essere infine compiuta anche sulla necessità del preciso accertamento dell’età della minorenne che ne faccia richiesta. In tale luce, non deve essere ignorata la normativa italiana sui comportamenti sessuali vietati e sulla violenza sessuale: infatti i rapporti sessuali sono considerati leciti in Italia anche per i minorenni, ma è richiesta la denuncia obbligatoria (?) (Legge 66/96 (?)) se essi intercorrono tra minorenni di età compresa tra i 14 e i 16 anni in cambio di danaro o con persone cui essi siano stati affidati per ragioni di custodia, educazione o vigilanza oltre che con un genitore o un tutore; vi è altresì obbligo di “referto” all’Autorità Giudiziaria per la perseguibilità di ufficio se il rapporto sessuale è intercorso con minorenne al di sotto dei 13 anni quando cioè l’art. 609 septies del codice penale identifica sempre una “violenza sessuale presunta”. Nessuno obbligo di referto è invece richiesto quando atti sessuali consensuali siano compiuti da un minore che abbia già compiuto 14 anni con persone non espressamente citate dalla legge, poiché tali atti sono ritenuti leciti e perciò rientranti nella sfera di autodeterminazione sessuale del minore. Naturalmente, l’obbligo di referto vige comunque per il medico che accolga la richiesta di LNG da parte di minori indotte ad atti sessuali effettuati con violenza o minaccia, ovvero per abuso di autorità o delle condizioni di inferiorità fisica o psichica del minore (art. 609/bis del codice penale).
Queste pur sintetiche considerazioni dimostrano pertanto una doppia responsabilità per il medico prescrittore non solo perché gli impongono la massima attenzione nell’approccio pratico alla richiesta della CE, soprattutto nei casi giuridicamente più spinosi, quando ad esempio, si rende necessario un contatto diretto con l’Autorità Giudiziaria per ridurre i tempi delle eventuali procedure burocratiche (redazione del “referto”, sua trasmissione alla Autorità Giudiziaria, attesa del relativo riscontro, eventuale ricezione dell’autorizzazione, etc.) che possono senz’altro ritardare la somministrazione della CE, venendone a compromettere il risultato.
Alla luce di quanto detto, risultano pertanto ben chiari i motivi che inducono a richiedere estrema cautela al medico prescrittore della CE, applicando un livello di attenzione ben più alto rispetto a quanto si ode spesso richiedere perfino in sedi scientifiche a proposito della semplificazione delle procedure di prescrizione della CE, trascurando cioè una serie di eventualità che sussistono sotto normative diverse, non sempre ben conosciute (23). D’altro canto, va sottolineato che perfino la recente liberalizzazione delle procedure per la erogazione del LNG in USA (agosto 2006) ha consentito la vendita come farmaco da banco senza ricetta medica solo alle maggiorenni, mentre la richiesta del medico è ancora indispensabile per le minorenni.
Infine, appare opportuno richiamare l’appello dell’Associazione dei medici consultoriali (24), secondo cui “ogni medico dovrà richiedere alla propria ASL di appartenenza di farsi carico della questione “pillola” provvedendo alle scorte di farmaci o sollevando il medico dalla responsabilità della prescrizione alle minorenni”.
4. La necessità di una specifica organizzazione funzionale delle strutture pubbliche
La legittimità deontologica al rifiuto della prescrizione da parte del medico e il diritto della donna alla prescrizione comportano la necessità di una specifica organizzazione funzionale del S.S.N. al fine di garantire la prescrizione.
È evidente infatti che il diritto alla obiezione di coscienza del medico non deve confliggere con il diritto all’assunzione del farmaco della donna, così come si è espresso anche il Comitato Nazionale di Bioetica, nella “Postilla” alla sua Nota sopra richiamata (13). D’altro canto, già nel 2003, la FNOMCeO (com. n. 60/2003) nel considerare “soltanto gli aspetti deontologici e pratici” della CE, aveva ravvisato nell’art. 19 del Codice di Deontologia Medica 1998, l’indicazione comportamentale più corretta e rispondente alla libertà di coscienza del medico. Naturalmente alla donna deve essere, comunque, garantita la prestazione richiesta in conformità alle disposizioni normative vigenti con particolare riferimento all’art. 1 lett b), c) e d), della legge 29 luglio 1975 n. 405 “Istituzione consultori familiari”.
D’altra parte, anche il Parlamento Europeo (Risoluzione in materia di sessualità e riproduzione, n. 2001/2128), aveva sottolineato che a “molte donne dell’UE è tuttora negato il diritto all’aborto ed esorta gli Stati membri a garantire un accesso equo a tutte le donne giovani, povere o immigrate, all’aborto legale sicuro, alla contraccezione d’emergenza, a servizi per la salute sessuale e riproduttiva a basso costo e all’educazione sessuale”.
Inoltre, va rimarcato che è la stessa Costituzione Italiana ad imporre al Sistema Sanitario Nazionale di organizzare e garantire condizioni omogenee di assistenza sull’intero territorio italiano, così come peraltro viene dimostrato dalle numerose analogie già in atto con l’organizzazione dei servizi sanitari in altri ambiti (ad esempio, servizio per l’assistenza ai tossicodipendenti e servizio per l’interruzione volontaria della gravidanza).
In definitiva, a nostro avviso, ogni ASL dovrebbe prevedere la possibilità di erogare, senza intralci burocratici o gestionali anche il servizio relativo alla prescrizione della CE, garantendo l’istituzione di un numero verde e la disponibilità di 12/24 h di almeno una struttura con un medico prescrittore, eventualmente reperibile. A tal proposito, un ruolo fondamentale potrebbe essere svolto dai Consultori Familiari, che la legge 405/1975 ha deputato espressamente all’assistenza psicologica, sociale e medica della maternità responsabile (etc., etc.).
Un’ultima considerazione va segnalata in merito al pericolo che la CE perda il suo ruolo di emergenza per assumere quello di abituale contraccezione, così come risulta che avvenga nella Regione Campania, vista la frequente ripetitività in alcuni casi delle prescrizioni, anche settimanali. Trattasi di evenienza pericolosa per la salute della donna, che potrebbe peraltro essere dissuasa dall’uso della contraccezione tradizionale. A tal proposito, va anche osservato che in Italia, il ricorso alla contraccezione orale è molto bassa, spesso per timore di effetti collaterali, che sono però certamente maggiori in caso di uso frequente della CE. A tale uso distorto della CE, si potrebbe ovviare attraverso un’anagrafe delle utilizzatrici, pur senza nessun intento persecutorio e provocatorio.

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